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Enrico De Lea o il tempo del ritorno.

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Enrico De Lea … o il tempo del ritorno.

“Cacciavento”, silloge poetica – Nuova Limina / Anterem Edizioni 2023

 

È così che funziona, allorché l’eco del gemito che abbiamo emesso all’origine del (nostro) tempo, viaggia col vento di ritorno che spacca la roccia e fa rotolare il sasso giù dalla montagna; quello stesso che scompiglia la solitudine degli anfratti in cui ci rifugiamo alla ricerca di un’identità che uguagli ciò che siamo, polvere che s’invola al guardo dell’irraggiungibile orizzonte, oltre i tetti delle case, le strade dell’ignota città in cui viviamo, i marciapiedi, i lampioni, il suolo che i piedi hanno calpestato, in cui la gente (come noi) s’ammassa nelle piazze, nelle chiese, dimentica del cipresso silente cui il ‘cacciavento’ smuove la cima che ispira il dialogo delle nuvole che fluttuano sopra e sotto il cielo di quel Dio che si vuole assente…

 

“…di cui non si rammenta / volto figura voce, solamente / l’aria smossa il soffio i luoghi il passo, / cui ricordare […] per quanto è lungo ed infinito a guardarlo […] nell’utopia delle armacìe paterne.

 

Ma se niente passa, allora tutto ritorna nella trascendenza che ci illude del nostro vivere nel presente, che solleva il diaframma al necessario respiro del tempo, onde per cui sentiamo “il segname della terra-scorza” come d’una malìa che tutto accresce della materia che ci compone, molecole di entità nascoste in cui tutto si ravvisa dei naturali elementi; dacché la sensibile umanità che ci portiamo dentro, la pressione sanguigna che nondimeno ci rende vivi, il cospicuo patrimonio strutturale che ci vuole unici nella elegiaca espressione dei sentimenti e che ci vede proiettati nello spazio avvolti della poetica intuizione dell’istante…

 

Ergo, ima spina abbrusca il cacciavento, / lo impedisce e spinge, scialle e solerzia, / l’aria di uguale furia, valletta del momento, / luccichio che domina la pietra, / pertanto esso trascende l’aria in forza, / che lo rialza, lo preme e lo sostiene, / (ma) ignorano le frequenze dell’ascensione e del rischio, / allo sguardo sul volo, che sanno del cacciavento?”.

 

Niente e tutto è la risposta, nel tentativo di cancellare un sapere postulato, onde restituirlo all’imprevedibilità della parola, a quell’immaginifico metafisico di cui fa qui uso l’autore Enrico De Lea, proiettato com’è nel format ontologico-filosofico della poesia contemporanea, situandosi, come avrebbe detto Gaston Bachelard, “sempre un poco al di sopra del linguaggio significante” (*), nel voler sostenere la validità delle proprie suggestive immagini letterarie. Da cui l’ascesa, quel ‘sognare di volare’ come d’uccello che si leva nel vento, e la successiva ‘caduta libera’ verso la realtà, (in essere del presente), dalla quale pur restando dov’è, si distanzia dentro l’immagine olistica del suo inconscio e/o nascosto volere…

 

A figurare il volo / del cacciavento, che non cunta e punta / e sospende, a spiritosanto, / l’aria che frolla sotto l’ala e scende, poi, / in picchiata, vuoi o non vuoi, / finché non si scorga non si veda / carne della necessità / nudo cuore del mondo, della preda.

 

Con l’affrontare il tema in “cacciavento” l’autore, di fatto delinea il suo costante guardare verso un orizzonte non condiviso con la sua attuale esistenza, e che pure segna, a mio avviso, il tempo del suo (possibile) ritorno e/o la volontà di concludere la sua ricerca introspettiva nella “immaginazione materiale” in cui si conduce, come ossimoro attivo della coscienza a contatto con la materia, in questo caso il ‘cacciavento’, che l’ha plasmato-scolpito nella forma a sé irrefutabile…

 

Serve un inferno assicurato, confortevole, / Sicché il cacciavento scaccia da sé demoni, da umano, / Si limita nel volo, scorge aspre nuvole, / Sale alle Rocche, ridiventa lontano. […] Ignorandoci, reciproci imputati, / Il volo è ignoto, l’albero e il morto ramo.

 

Ma l’‘aria’ (il vento) non è il tutto, è solo uno degli elementi non ignaro della convergenza degli altri, per cui se restituiamo alla ‘luce dell’intelligenza’ il suo pur ambiguo progetto di indicarci la ‘soglia’ o forse la ‘meta’ leopardiana di un possibile raggiungimento dell’ ‘infinito’, noi materia finita che ci aspetta oltre l’albale dell’orizzonte, potremmo pensare alla volontà dell’autore di un sorprendente ‘volo’ che irrompe dalla sua contemplazione e che segna, di là dal suo divenire, l'essere giunto il tempo del suo ritorno…

 

Eppure questo subitaneo volo / Consacra ignaro il secco e l’umore / Della terra, e una striscia senza colore / È il mare al cacciavento, aria attratta al suolo.

 

È nella ‘trascendenza’ di quel che siamo, che l’aria contraffatta dalle parole, dalle frasi disgiunte dal contesto di una liricità rifratta che scolora fin dall’abbrivio, che viene a mancare il mittente nonché l’indirizzo della ricerca, che non va letto come un tratto negativo nella scrittura qui utilizzata, piuttosto in quanto frutto di un’azione decisamente affermativa di un legame fisico con la terra d’origine alla quale De Lea fa costantemente riferimento, quella Sicilia sospesa tra cielo e mare, fucina di validissime voci letterarie, battuta a tratti dal ‘cacciavento’ che s’impone riportando all’attualità l’antico sapere, nel riconoscimento dei tratti originali che la distinguono…

 

Nel volo, tra bestiale e celestiale / Il cacciavento invero rassicura, inganna, / Per dire a memoria futura bene e male, / A cespo, a troffa, a ghiotta di vita che si gode e danna.

 

Enrico De Lea infatti non contraddice l’influenza che la Sicilia inculca nell’afflato della sua personale poetica, vivida di innovazione culturale, altresì trova in ‘cacciavento’, l’aver plasmato la sua onomatopeica trascendenza linguistica …

 

“…una costante invenzione dell’eterno […] Alle anime-pietre, alle anime-piante, nel loro raggio, […] più di quanto ci dirà forse / Un infinito padre jonico, / Ci dirà una madre d’amore senza pietà, / Una carne un nulla un tempio laconico […] ‘ntinni, ntinni’ …

il sempre nell’aria delle ali.

 

Note:

(*) Gaston Bachelard, "Psicanalisi dell'aria" - Red Edizioni 1992

 

(") tutti i corsivi sono dell'autore dalla silloge "Cacciavento" Anterem Edizioni 2023

 

L’Autore. Enrico De Lea, avvocato messinese molto legato ai suoi luoghi d’origine per motivi di lavoro vie a Milano. Molto attivo nell’ambito della poesia ha pubblicato diverse sillogi poetiche, è stato finalista al Premio Montano 2016, con l’opera “La furia refurtiva”. Successivamente “Giardini in occidente” 2022 - Seri Editore. Suoi testi sono presenti inoltre in vari siti e riviste on-line.

 Giorgio Mancinelli - 24/03/2024 16:13:00 [ leggi altri commenti di Giorgio Mancinelli » ]

Ricevo e trascrivo:

Ho letto e assai apprezzato la Sua accurata lettura della mia ultima silloge, lettura che coglie nel segno di quanto all’autore, nel suo peregrinare inconscio e preterintenzionale, spesso può sfuggire.
Il libro è figlio di una abitudine-sequela di scrittura, che, a parte una silloge giovanile dimenticata, forma un corpus di scritture maturate dagli anni ’90 ad oggi.

Grato dell’attenzione.
ENRICO DE LEA

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